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venerdì 7 giugno 2013

"LA FINE DELLA QUINTA SUPERIORE" - di Giuseppe Cacopardo


"Un giorno la rimpiangerai!". Questa frase la sente qualsiasi studente quando esprime il suo odio per la scuola.
La scuola, soprattutto le superiori, crea una maledetta routine quotidiana che porta allo sfinimento. Ciò fa nascere una sorta di odio nei suoi confronti e nella scuola stessa.
Quando si arriva però al termine dei fatidici cinque anni, si viene a conoscenza di un sentimento provato solo alla fine di occasioni particolari, ovvero al concludersi di qualcosa di meravigliosamente vissuto. Queste situazioni possono essere una vacanza insieme, l'estate, un periodo passato con qualcuno che si ama, insomma tutte quelle volte in cui vorremmo potesse non finire mai. Quel sentimento è la malinconia. Chi lo avrebbe mai detto che ci sarebbe immensamente dispiaciuto finire una volta per tutte la scuola?
Ebbene sì, perché quella maledetta routine, la sveglia presto, le corse per non perdere l'autobus da prendere con i compagni, la campanella che scandiva ogni ora, l'intervallo, chiacchierare coi bidelli, era tutto diventato parte della tua vita, una routine che ti mancherà infinitamente e che mai vivrai ancora.
A pensarci bene, la scuola era l'unico motivo valido per il quale ci svegliavamo la mattina per iniziare un nuovo giorno. Come non potranno mancare tutte le risate fatte a scuola, il bussare alla porta di qualche classe e scappare correndo lungo i corridoi, parlare con quel bidello di fiducia che ormai sa tutta la tua vita, usare "PROF VADO IN BAGNO" come scusa per andare a incontrare il fidanzato o la fidanzata al piano sotto al tuo (o meglio ancora andare alla macchinetta)?
Personalmente, mi mancherà tutto questo. Lacrime che prima o poi scenderanno.
Un'esperienza unica passata incontrando e conoscendo persone fantastiche. La felicità di aver concluso è molta, perché non sempre la strada era spianata, ma la nostalgia di tutti quei momenti è ancor di più.
Gli esami sono vicini, l'ultimo scalino prima del futuro. Mancheranno i banchi sulle quali abbiamo scritto la nostra vita, i professori, la corsa disperata al 6, saltare la prima ora perché l'interrogazione ci faceva paura, il silenzio dei corridoi quando le porte erano chiuse e la festa che si creava all'intervallo.
Addio liceo, ci hai visti crescere, ridere, piangere, innamorarci e perderci. Grazie per tutte le emozioni che ci hai regalato. E quando ci dicevano che avremmo rimpianto i tuoi momenti, avevano maledettamente ragione.

lunedì 27 maggio 2013

"PROFESSORI E ALUNNI, LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI?" - di Giuseppe Cacopardo


Hanno il coltello dalla parte del manico.
Questa è la più classica espressione che i genitori o chiunque altro sia esterno alla scuola, utilizza per giustificare i professori, la classe docente.
Questo vuol dire che, nonostante essi possano essere in torto marcio, dalla parte della ragione ci sono, o meglio "dobbiamo immaginarci che ci siano", comunque loro. Se un alunno riceve un'offesa o una risposta poco gradevole che lo va ad infastidire è meglio che stia zitto se non vuole avere il docente contro fino alla fine dell'anno. Acqua in bocca, subire e testa bassa.
Il professore, nel momento in cui diventa tale, si veste di una carica di potere che, a suo parere, gli consenta di fare e di dire ciò che vuole, a chiunque.
Un esempio pratico: suona la campanella che annuncia l'inizio delle lezioni, gli alunni sono in classe e uno sorseggia un bicchiere di cappuccino nonostante il regolamento scolastico vieti l'introduzione di cibi e bevande all'interno delle aule per tutti, il professore entra in classe anch'egli sorseggiando una bevanda calda. Sedutosi alla cattedra si accorge che uno degli studenti vìola il regolamento d'istituto. Il docente, a seconda della specie a cui appartiene, reagisce in tre modi: 1 - invita cortesemente l'alunno a consumare la bevanda fuori dall'aula e a rientrare una volta finito, 2 - l'alunno è costretto ad ubbidire al professore che fermamente gli impone di buttarlo (educando così allo spreco, caro professore), 3 - nota sul registro per mancato rispetto delle regole.
Questo è il modo di agire dei prof visto dagli alunni. Ma cosa può fare l'alunno se il professore beve o mangia qualcosa in classe? Nessuno può (potrebbe...) trasgredire perché il regolamento è uguale per tutti e la scuola educa a questo. La cosa scandalosa è che nella scuola tutto questo non avviene a causa dell'abuso di potere della classe docente, non di tutti, ma di un bel po'.
L'alunno risponde: "Anche lei sta bevendo il caffè in classe e non si può!"...L'ira del prof lo porta a rispondere "Io posso, tu no!" ALUNNI DI TUTTO IL MONDO UNITEVI, QUESTA E' LA PIU' GRANDE PRESA DI POTERE CLANDESTINA DA DENUNCIARE.
I professori con la P maiuscola sono figure educative che fanno il loro dovere nel rispetto dei loro diritti, doveri, luogo di lavoro e studenti che vanno ad istruire. Essi rispettano e fanno rispettare, ben venga chi lo pretende, il regolamento scolastico  e qualora sgarrassero non si giustificano inventandosi diritti che non ci sono e non possono esserci.
Il rispetto tra alunno e prof è fondamentale, ma l'uno deve dare la possibilità all'altro di esprimere la propria opinione riguardo a qualcosa e far presente qualora venisse commesso un errore da parte di uno dei due.
La scuola è questo, un luogo dove si impara e si educa ad una convivenza. Se chi dovrebbe educare sbaglia per primo e pretende di aver ragione cadendo ancora di più nel diseducativo tutto ciò non può funzionare. Le differenze abissali insostenibili tra studente e insegnante devono assottigliarsi nel rispetto reciproco della persona e della collaborazione.
L'alunno è in mano all'insegnate, ma non sempre è in buone mani.

sabato 6 aprile 2013

"LA SCUOLA PUBBLICA, TRA TAGLI E POVERTA'" - di Giuseppe Cacopardo.

 
La spesa del nostro paese destinata alla scuola e alla cultura è pari all'1,1%, peggio di noi solo la Grecia.
Questo dato allarmante è fonte di uno studio compiuto da Eurostat riguardo la spesa dello Stato in materia di istruzione e cultura nel 2011.
Si deduce che lo Stato investe troppi pochi soldi in uno dei settori fondamentali della società, dove la persona entrando viene formata, istruita ed educata al fine di essere cittadino.
La situazione della scuola pubblica in Italia è estremamente complicata. Non serve il dato di Eurostat per comprendere quali ambienti e quali proposte di governo vengano riservati alla scuola pubblica.
Siamo i penultimi in Europa quasi in tutto. Magari tra i primi parlando di turismo o campo alimentare, ma in termini di formazione, istruzione e cultura siamo giudicati come "il fanalino d'Europa".
Per decine e decine di anni si è lottato affinché la Scuola diventasse un diritto per tutti a prescindere da reddito, condizione sociale e orientamenti vari. La Scuola è un diritto e oggi è minacciata. Vittima di una mancanza costante di fondi, tagli di spesa e di personale e un susseguirsi di problemi burocratici e amministrativi che non fanno altro che peggiorare le cose.
La figura del docente, individuo che ha deciso di donare la propria vita alla scuola studiando parecchi anni per ottenere lauree e abilitazioni per insegnare, è inaccettabilmente sminuita. Egli è visto come un semplice dipendente statale, quindi vittima anche lui di tutti quelli che sono gli interventi a sfavore della sua classe di lavoratori, e non come persona incaricata del dovere di istruire, formare ed educare tante altre persone che un giorno dovranno confrontarsi con il futuro. Egli è quindi il responsabile della preparazione al futuro dei futuri cittadini e membri di una società civile. Lo Stato tutto questo non lo comprende.
L'Italia vive una pesantissima situazione economica e politica e per tentare disperatamente a risanare il debito pubblico il governo toglie, potremmo dire ruba, i soldi a settori come la Scuola e la Sanità; all'istruzione e alla salute. Lo Stato non prende i soldi da dove effettivamente ce ne sono, e parecchi anche, ma da settori già da tempo minacciati e indeboliti sempre più.
La riduzione dei fondi destinati alla scuola e il taglio di personale: ha creato questo: classi "pollaio" dove vi sono stipati una trentina di alunni seguiti da un solo insegnante, ambienti fatiscenti e miserabili, apparecchiature scolastiche obsolete e fatiscenti, riduzione drastica delle attività proposte dai POF e delle iniziative extracurriculari, tensione continua tra docenti stessi e studenti... L'elenco potrebbe ancora andare avanti, ma solo per citare alcuni dei tristi aspetti che descrivono la situazione della Scuola Pubblica Italiana. Vergogna. Ricordiamoci che c'è gente che ha lottato duramente al fine di creare un sistema scolastico degno di un Paese che ascolta i doveri dei cittadini e aperto sul mondo.