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martedì 17 dicembre 2013

"LA PAELLA, IN CENTRO E' LA PEGGIORE" - di Giuseppe Cacopardo.


Con la frase utilizzata come titolo di questo nuovo articolo sta ad indicare un vero e proprio dato di fatto, una legge con la L maiuscola.
Sarà capitato a tutti i coloro che hanno avuto la fortuna e il piacere di recarsi in un paese meraviglioso quale è la Spagna, di passeggiare tra belle vie centrali delle città più conosciute, quelle che ogni anno, per qualsiasi motivo, attraggono milioni di turisti.
Il fatto che parlo della Spagna è solo un esempio, poi spiegherò bene a che punto desidero arrivare.
Pensiamo ai ristoranti lungo La Rambla  Barcellona o lungo la Gran Via di Madrid. Esposte sulle pareti esterne si notano fotografie dei tradizionali piatti spagnoli offerti; sto parlando di quelle foto usate a scopo di marketing: risoluzione HD, aspetto plastico. Quelle che all'inizio fan venire appetito, quando esci sazio e le riguardi ti vien da vomitare.
Il piatto tipico iberico per eccellenza è la Paella. Attenzione! In centro, solo gli oggetti costosi che brillano nei negozi sono di eccellenza, il cibo è di pessima qualità culinaria.
Il riso di una Paella in centro è scotto, molle, sembra riscaldato al microonde. Il condimento non è succoso, ci sono quelle fastidiose antennine dei gamberi sparse in tutto il piatto e il sapore è quasi amarognolo.
Ma in effetti, riflettiamoci su...ma un milanese, o meglio, chi abita a Milano, va a mangiare una pizza da dodici euro in uno di quei bar/ristoranti/caffetterie in Corso Vittorio Emanuele? Non credo proprio.
Il cibo migliore, là dove la tradizione è rispettata diligentemente, è lontano dal centro. I turisti, in questi posti, non ci sono.
Ricordate: NO TURISTI = SI MANGIA BENE, SI TURISTI = E' MEGLIO ANDARE AL McDonlad's a questo punto...

mercoledì 9 ottobre 2013

"PORTARE IL MADE IN ITALY AL SETTIMO CIELO, CON UN AEREO" - di Giuseppe Cacopardo


 
 
L'Italia da sempre vanta un patrimonio artistico e culturale inestimabile e famoso in tutto il mondo, ma c'è un settore ancora più invidiato e apprezzato, quello del Made in Italy.
Leggere sull'etichetta di un prodotto questa scritta suscita in noi un orgoglio indiscusso, quasi da tradurre questa espressione inglese in "ORGOGLIOSAMENTE fatto in Italia".
Il Made in Italy si differenzia per la varietà di prodotti offerti: dall'abbigliamento al cibo, dall'arte all'industria dell'auto. Un prodotto di questo genere lo si riconosce immediatamente grazie al design, alla cura in ogni dettaglio e ai materiali utilizzati. La combinazione di questi indispensabili fattori danno vita a prodotti unici, patrimonio della nostra tradizione, bravura e creatività.
In questo periodo di crisi nera che distrugge aziende e miete vittime tra imprenditori, giovani e operai, il Made in Italy è un settore in crescita, attira acquirenti stranieri che, portando tale merce nel loro paese, è come se esportassero un pezzo di Italia, elevandolo e rendendolo ammirabile.
Per queste ragioni è un settore di cui dobbiamo andar fieri e smettere di promuoverlo sarebbe un errore inquantificabile, ma c'è chi davvero il Made in Italy lo ama e lo porta in alto. Come? Facendolo volare!
Proprio così, è un'iniziativa di ILW, Italian Luxury in the World (il lusso italiano nel mondo). Consiste in un aereo adibito a showroom che ospiterà al suo interno un'intera esposizione di pregiati marchi italiani con prodotti interamente realizzati in Italia.
Il velivolo compirà il giro del mondo atterrando in grandi centri mondiali del mercato del lusso,
 dove il Made in Italy sarà finalmente promosso e fatto conoscere all'estero.
Andrea Radic (foto in basso) è il fondatore, insieme a Daniele Biagi, di questo showroom volante che, ripeto, ospiterà a bordo le eccellenze di cento aziende italiane del lusso.
Il made in Italy è da proteggere, elevare e far conoscere sempre più al mondo intero. Non possiamo permettere che questo lasci il nostro paese perché non vi trova più un mercato favorevole o sostegno.
Grazie a questa iniziativa, che negli anni successivi sarà la volta di un treno e poi ancora di una nave, è un progetto prezioso e di grande esempio per tutti noi che amiamo il nostro paese e ciò che con grande maestria ogni giorno produciamo.

domenica 7 aprile 2013

"VOLEVA UCCIDERE JUSTIN BIEBER" - di Giuseppe Cacopardo

Se non poteva essere suo non doveva più esistere.
L'amatissima giovane pop star canadese Justin Bieber voleva essere fatto fuori da uno dei suoi più sadici e sfrenati fan.
Dana Martin, 45 anni, detenuto nel carcere del Nuovo Messico, aveva escogitato alla perfezione un piano per togliere Bieber dalla circolazione, insieme a lui la guardia del corpo. Il cantante doveva essere rapito dopo il suo concerto di novembre al Madison Square di New York, torturato e poi ucciso definitivamente.
Questo era quanto voleva Martin preso dalla rabbia e dall'invidia.
Amava Justin alla follia, lo sognava di notte, se lo è fatto tatuare sulla coscia e gli scriveva lettere dalla cella. La mancata risposta a queste lettere ha scatenato in Martin un'ira incontrollabile e un profondo senso di gelosia che ha scaturito la sua furia omicida. Justin Bieber doveva essere strangolato con un foulard e castrato con cesoie da giardino.
Dana Martin pero, trovandosi in cella, non avrebbe preso parte all'uccisione della star che invece avrebbero compiuto due suoi complici: l'ex compagno di prigione Mark Staake e il nipote.
Arrivati in Canada i due sono stati intercettati e fermati. L'ex compagno di prigione di Martin, che godeva di una libertà condizionata, è stato poi arrestato. Il piano così fallì.
Il bottino previsto dopo il compimento dell'agguato era di cinquemila dollari a testa.
Ora Justin è stato costretto a potenziare la sua scorta che lo segue sia di giorno che di notte, non solo mentre lavora, ma anche nel tempo libero.
Bieber non si è lasciato intimorire e il 23 marzo infatti si è esibito a Casalecchio di Reno, nel bolognese, per la gioia dei suoi fans italiani.

mercoledì 3 aprile 2013

"TORONTO, UNA CITTA' CENTO E PIU' LINGUE" - di Giuseppe Cacopardo


Vi trovate a Toronto, il vostro inglese è pessimo, e avete bisogno di soccorso? Tranquilli, il 911 in questa città è attrezzato per rispondere in 150 lingue diverse.
Toronto è la prima città canadese per numero di abitanti, il 36% dei quali non è di origine europea. Sono più di cento le lingue che si parlano tra le strade di uno degli ambienti più multiculturali del mondo. Il 52,6% degli abitanti è costituito principalmente da, in ordine, britannici, irlandesi, francesi ed italiani. Non c'è infatti da stupirsi se da qualche parte, specialmente riuniti nelle caffetterie dei centri commerciali, si incontrano gruppi di anziani signori italiani che conversano tranquillamente magari in qualche dialetto nostrano.
L'immigrazione è un fenomeno chiave di questa città vista la presenza di individui da tutto il mondo. Essi sono perfettamente integrati nella società ed occupano anche posti di prestigio in ambito lavorati. La risposta che si riceve da qualcuno che non sembri puramente canadese quando si chiede "Da dove vieni?" è "I'm Canadian!" (sono canadese). Orgogliosamente questa è la risposta. Il vivere in un ambiente multiculturale è l'assoluta normalita in Canada e la severità delle politiche d'immigrazione fa si che la legge venga rispettata alla perfezione da ogni singolo cittadino canadese. La rigidità delle stesse, anche se possono sembrare poco tolleranti, agevola il processo di integrazione dell'immigrato nel nuovo ambiente in cui si viene a trovare. Egli stesso, se possiede i requisiti richiesti dalla legge, non avrà alcun problema ad occupare tranquillamente un posto nella nuova società. La gente di Toronto queste cose le sanno.
Se si pone a confronto la situazione descritta in Canada e quella in Italia le differenze, sotto certi aspetti sono abissali. La persona che entra in Italia in condizioni di clandestinità trova una situazione che gli permette di sfuggire a ciò che prevede la legge in materia di immigrazione; ora la clandestinità è un reato anche nel nostro paese. La scarsa severità di queste leggi non va assolutamente a favore dell'immigrato perchè rallenta l'integrazione e l'inserimento della società italiana. Una nazione che non opera con severi controlli per quanto concerne l'immigrazione non fa del bene a coloro che lasciano i loro paesi per recarsi in Italia. La legge serve e va rispettata, intensificata se necessario.
Toronto è apprezzata e conosciuta per l'alto livello di sicurezza. Tutto è a favore della sicurezza dei cittadini, in particolare per le donne: hanno la possibilità, dopo una certa ora della sera, di indicare al conducente dell'autobus il punto più vicino per scendere in modo da ridurre al minimo il camminare da sole per la città e rincasare velocemente.
Camminare da soli per strada o usare i mezzi pubblici ad orari scomodi della sera non intimorisce perchè è come se i canadesi avessero infuso il rispetto preciso, o meglio, quello che si chiama codice di comportamento dell'Ontario.
Oltre ad essere una città ottima sotto questi punti di vista, è anche ricca di storia, cultura ed arte, ma anche natura e luoghi adatti a qualsiasi tipo di interesse.
Meta di studenti da tutto il mondo per i numerosi corsi di inglese offerti, è una delle attrazioni turistiche più visitate. Ne vale la pena viverci.

sabato 30 marzo 2013

"ONE DIRECTION E JUSTIN BIEBER, TANTO AMATI E TANTO ODIATI." - di Giuseppe Cacopardo.


 
Strano, ma vero, i giovani talenti "sfornati" dai talent show di alcuni paesi riescono ad ottenere un successo planetario anche solo dopo pochi mesi di attività.
E' il caso di nuove star della musica pop: Justin Bieber e gli One Direction.
Il primo è nato nella città canadese di London il primo marzo 1994. La sua carriera artistica iniziò dopo la scoperta di un suo video su YouTube da parte di Scooter Braun che, successivamente, gli fece firmare un contratto Raymond Braun. Justin ha venduto 15 milioni di copie dei suoi album fino a maggio 2012.
Egli ha riscosso un grande successo anche qui in Italia fin dal momento in cui è apparso per le prime volte. Amatissimo dalle ragazzine e non solo.
Gli One Direction, invece, sono un gruppo di cinque ragazzi provenienti da Inghilterra ed Irlanda.
La boyband è formata da Niall Horan, Zayn Malik, Liam Payne, Harry Styles, e Louis Tomlinson.
Nel 2010 partecipano alla settima edizione del talent show inglese X Factor presentandosi come solisti. Nello stesso anno formano il gruppo e firmano contratti con la Syco Music e la Sony Music. Con il loro primi due album hanno avuto un notevole successo tanto da far quadagnare loro fama internazionale.
Queste due icone (ormai è possibile definirli tali) sono accumunati dalla stessa situazione, se consideriamo la reazione del pubblico teenager italiano. Tanto amati quanto odiati: le ragazzine vanno pazze per loro, tanto da prendere parte ad ogni loro comparsa ovunque essi siano e organizzazione di flashmob; i ragazzini li criticano, insultano, creando un insieme di polemiche dall'aspetto futile ed infondato. Li reputano infantili e "menosi", idoli solo di ragazzine impazzite e niente più.
Nonostante questo costante, ma innoquo, accanimento nei confronti di questi giovani artisti, il loro successo non accenna a diminuire.
Il problema sta all'origine. Nei paesi di origine degli 1D (One Direction) e Bieber chi vince un talent show o chi mostra di avere veramente un talento, ha la possibilità di investire totalmente su di esso e acquisire notevoli livelli di fama. L'opportunità viene data fino in fondo.
In Italia manca proprio questo. Raggiungere i propri sogni e obbiettivi è diventato un'ardua impresa e la realizzazione è un privilegio di pochi. 
Ai nostri talent show partecipano sì talentuosi, ma anche una quantità notevole di "comici". Mostrati al pubblico SOLO perchè fanno ridere e quindi fanno audience. Ecco svanito lo scopo del talent show: scoprire nuovi talenti. Chi riesce a farsi notare durante questi programmi "trampolino di lancio" è fortunato se in attività ci rimane, perchè il più delle volte pochi mesi e non sei più nessuno. Basta. Finito il momento di gloria. L'opportunità è data solo parzialmente e non fino in fondo.
L'invidia sembra essere nel sangue di noi italiani. In fondo si critica tanto, ma sostanzialmente è tutta invidia. Siamo invidiosi di questi "bambini" acclamati dalle folle e noi che non siamo nessuno e nessuno ci conosce.
Questi ragazzi hanno realizzato i loro sogni, non possiamo che essere felici e sperare in un'Italia che prenda esempio dai paesi che credono nei giovani e che abolisca totalmente il nipotismo, fenomeno che rallenta e non fornisce opportunità a chi invece dovrebbe meritevolmente riceverla.

"L'ITALIA CAMPEREBBE DI TURISMO, MA NESSUNO SE NE ACCORGE." - di Giuseppe Cacopardo

 
"Si parte sempre meno tanto da portare l'economia turistica ai livelli del dopoguerra".
Questa è la frase di inizio dell'articolo sul flusso di italiani in partenza per le vacanze di Pasqua tratto dal Corriere della Sera del 30 marzo 2013.
E' un incipit che inquieta se facciamo scorrere nella mente le immagini delle straordinarie bellezze artistiche, culturali e naturali presenti sul suolo d'Italia.
Il nostro è sempre stato un paese dove il turismo rappresenta una delle più importanti voci di bilancio della sua stessa economia. L'incoming è descritto da percentuali sostanziose e il numero di turisti stranieri verso l'Italia non subisce cali rilevanti, qualora li subisse, e noi italiani amiamo la nostra terra pur concedendoci vacanze all'estero.
Anche se molti di noi sono ancora convinti che l'Italia sia il paese più visitato al mondo, non è così.
I dati parlano chiaro. Ecco la classifica dei paesi più visitati per numero di turisti arrivati: al primo posto capeggia la Francia (79.5 mln), USA (62.3 mln), Cina (57.6 mln), Spagna (56.7 mln) e al quinto posto...l'Italia con 46.1 milioni di turisti in incoming.
La Francia domina prima in classifica sia grazie al patrimonio che essa possiede, seppur minore rispetto a quello Italiano, che grazie alle politiche di promozione e valorizzazione dei beni presenti sul suo torritorio. A questo si aggiunge anche la progressione del potere d'acquisto, un'economia solida e la presenza di una efficiente rete di treni ad alta velocità.
Gli Stati Uniti, invece, attraggono solo per curiosità perchè quando si parla di America si pensa ad una nazione dai mille volti piena di luci e colori, non certo a cattedrali, chiese, fontane o ad opere dei più grandi artisti del rinascimento.
La nostra è una nazione che potrebbe campare di turismo, questo è quello che, con grande convinzione, dice la gente.
L'italia è un viaggio nel tempo. Dalla preistoria all'età contemporanea passando per il medioevo, il rinascimento, il barocco e tutti gli stili ed epoche della storia e dell'arte.
Queste sono solo parole perchè di fatti ne vediamo pochi.
Quello che manca è il valorizzare e promuovere il patrimonio presente sul suolo italico. Una enorme raccolta di opere e monumenti dislocati su ogni lembo della penisola. Non c'è zona d'Italia priva di storia e bellezze artistiche.
La lista di monumeti deturpati dai vandali o turisti maleducati si allunga sempre più, a causa di un ordinamento poco severo in materia di conservazione dei beni culturali. Le spiagge delle nostre coste usate come discariche, le acque dei mari d'Italia inquinate da sostanze dannose per l'ambiente materiali di qualunque tipo. C'è da dire che siamo anche noi stessi i responsabili della rovina del territorio.
Non sapremo mai se risollevando il settore turistico, ora in forte calo, riusciremmo ad uscire da questa crisi economica. Siamo certi però che qualora ci si concentrasse a pensare a giuste politiche di valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e naturale del Paese, le casse dello Stato registrerebbero un giro di entrate estremamente positivo, portando cosi ad una graduale ricrescita; il tutto credendo in uno dei settori in cui davvero potremmo eccellere.
 
 
 

"LASCIO TUTTO E...SCAPPO. PERCHE' LA' C'E' LAVORO." - di Giuseppe Cacopardo

"LASCIO TUTTO E...SCAPPO. PERCHE' LA' C'E' LAVORO." - di Giuseppe Cacopardo
 
Stiamo attraversando un periodo nero della nostra economia, qualcosa che sicuramente verrà scritto sui libri di storia.
Prima di questa, solo la crisi del '29. Siamo i nuovi protagonisti di un evento storico che ci accumuna tutti su questa terra. Alcuni meno di altri, però.
Concentriamo la nostra attenzione sull'Italia: la disoccupazione cresce, la percentuale di senza-lavoro è in costante aumento, l'innalzamento dell'età pensionabile frena ancora di più il turnover...ne stiamo passando di ogni.
Tutto ciò si ripercuote su una classe più delle altre: i giovani.
I giovani italiani studiano, si laureano, acquisiscono master, maturano le loro conoscenze e competenze. Una volta pronti al mondo del lavoro sono costretti ad accettare contratti miserabili, certo ci si deve accontentare, ma per quanto ancora?
"Determinato 1, 2 o 3 mesi", "A progetto", "Apprendistato". Queste sono solo alcune delle nuove formule di contratto presenti nell'Italia in recessione.
Se un giovane non ha nemmeno l'opportunità di essere assunto a contratto ecco che diventa, o meglio, si riduce, a stagista. Lo stagista è colui che, non assunto con obbligo di retribuzione, svolge una o più mansioni all'interno di una qualche azienda. Egli, così facendo, acquisisce dimestichezza col mestiere, approfondisce le sue conoscenze e competenze a riguardo e ha l'occasione di mettersi alla prova. Fino a qui tutto è positivo. Quando però un giovane si trova condannato a fare tirocini su tirocini sempre con la solita scusa "è un'esperienza professionale che va nel CV", ecco che lo stage si tramuta in nuovo volto dello sfruttamento del lavoro. Ognuno di noi lavora per vivere. Dopo un pò ci si stanca anche di sviluppare competenze, si vuole guadagnare PER VIVERE.
Migliaia di giovani italiani stanno già per scegliere di approdare sull'ultima spiaggia: andare all'estero. Ci sono infatti paesi che sembrano quasi, sottolineando quasi, non soffrire più di tanto delle conseguenze della crisi. Per citarne alcuni: Canada, Nuova Zelanda, Australia, Cina, Giappone, Brasile. Persino l'Irlanda, che insieme a Italia, Spagna, Portogallo e Grecia fa parte dei "deboli" d'Europa, sta registrando una crescita dello 0,5%. Lieve sì, ma meglio che niente.
I giovani Italiani, ma non solo i giovani, espatriano verso questi paesi. Fari di speranza nel buio dell'economia mondiale.
Paesi che non sono il loro, ma capaci di fornire opportunità vantaggiose e posti di lavoro. 
Viviamo in un'Italia in cui è lo stesso governo che dice che bisogna accontentarsi e di non essere choosy (viziati). Sei viziato se vuoi fare un lavoro attinente agli studi compiuti? Il governo crede questo. 
Un paese che non lascia più possibiltà di scelta. Se si trova un lavoro, lo si deve accettare, qualunque esso sia.
Un'Italia in cui i bambini non possono più permettersi di dire: "DA GRANDE VOGLIO FARE IL...".