mercoledì 9 ottobre 2013

"PORTARE IL MADE IN ITALY AL SETTIMO CIELO, CON UN AEREO" - di Giuseppe Cacopardo


 
 
L'Italia da sempre vanta un patrimonio artistico e culturale inestimabile e famoso in tutto il mondo, ma c'è un settore ancora più invidiato e apprezzato, quello del Made in Italy.
Leggere sull'etichetta di un prodotto questa scritta suscita in noi un orgoglio indiscusso, quasi da tradurre questa espressione inglese in "ORGOGLIOSAMENTE fatto in Italia".
Il Made in Italy si differenzia per la varietà di prodotti offerti: dall'abbigliamento al cibo, dall'arte all'industria dell'auto. Un prodotto di questo genere lo si riconosce immediatamente grazie al design, alla cura in ogni dettaglio e ai materiali utilizzati. La combinazione di questi indispensabili fattori danno vita a prodotti unici, patrimonio della nostra tradizione, bravura e creatività.
In questo periodo di crisi nera che distrugge aziende e miete vittime tra imprenditori, giovani e operai, il Made in Italy è un settore in crescita, attira acquirenti stranieri che, portando tale merce nel loro paese, è come se esportassero un pezzo di Italia, elevandolo e rendendolo ammirabile.
Per queste ragioni è un settore di cui dobbiamo andar fieri e smettere di promuoverlo sarebbe un errore inquantificabile, ma c'è chi davvero il Made in Italy lo ama e lo porta in alto. Come? Facendolo volare!
Proprio così, è un'iniziativa di ILW, Italian Luxury in the World (il lusso italiano nel mondo). Consiste in un aereo adibito a showroom che ospiterà al suo interno un'intera esposizione di pregiati marchi italiani con prodotti interamente realizzati in Italia.
Il velivolo compirà il giro del mondo atterrando in grandi centri mondiali del mercato del lusso,
 dove il Made in Italy sarà finalmente promosso e fatto conoscere all'estero.
Andrea Radic (foto in basso) è il fondatore, insieme a Daniele Biagi, di questo showroom volante che, ripeto, ospiterà a bordo le eccellenze di cento aziende italiane del lusso.
Il made in Italy è da proteggere, elevare e far conoscere sempre più al mondo intero. Non possiamo permettere che questo lasci il nostro paese perché non vi trova più un mercato favorevole o sostegno.
Grazie a questa iniziativa, che negli anni successivi sarà la volta di un treno e poi ancora di una nave, è un progetto prezioso e di grande esempio per tutti noi che amiamo il nostro paese e ciò che con grande maestria ogni giorno produciamo.

"PRIMA SI CHIAMAVANO SCHIAVI, ORA STAGISTI" - di Giuseppe Cacopardo.


In passato le persone, uomini e donne, ma anche bambini, costretti a lavorare sotto padrone con paghe minime o assenti, erano chiamate schiavi. Oggi la situazione sembra cambiata: la gente ha un lavoro (non consideriamo per un attimo la crisi che stiamo vivendo, torniamo ai tempi d'oro), percepisce un stipendio e ha la possibilità di essere assunta con differenti tipi di contratto. Ma ci rendiamo conto che vi sono persone, prevalentemente giovani, che sono costretti a lavorare sotto padrone, con paghe minime o assenti? Ebbene la situazione non è affatto cambiata. Voi direte: "la schiavitù non esiste più nei paesi sviluppati come il nostro". E' vero, io vi dico, ora si chiama STAGE. Un modo più elegante per nascondere le condizioni di lavoro, direi sfruttamento, di migliaia di giovani italiani durante questo attanagliante periodo di crisi economica; la disoccupazione giovanile, ricordo, è circa al 40 per cento.
Per le aziende questo è un lusso perché non costa nulla, o pochissimo, prendere un giovane a lavorare anche per sei mesi come stagista, fargli svolgere mansioni più misere e ridicole che non hanno niente a che vedere col lavoro dell'azienda (fotocopiare, pinzare, imbustare, affiancare...); e dopo sei mesi, alla fine del contratto, mandarlo a casa. Ormai non serve più. L'azienda non ha speso nulla, ma si ritroverà tutto fotocopiato a regola, imbustato e pinzato.
Stagista dopo stagista l'azienda non ferma il lavoro. Continua senza emettere un centesimo, qualche volta poche centinaia di euro al mese e dei buoni pasto.
La cosa più scandalosa è che vi è gente, spesso coloro che compiono attività di orientamento o inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, che propongono valanghe di stage, considerandolo un'occasione per sviluppare e acquisire competenze. Perché, secondo questi, un giovane ha voglia fino a trent'anni di sviluppare competenze? Non ha per caso voglia di guadagnare anch'egli qualcosa per mantenersi gli studi o acquisire indipendenza economica?
Lo stage è utile, può veramente esserlo, ma l'abuso è da condannare.
 

lunedì 7 ottobre 2013

"QUELL'ASSURDO TEMA DELLA TV" - di Giuseppe Cacopardo.



A tutti sarà capitato di ricevere, come consegna, lo svolgimento di un tema in classe sulla televisione. Uno di quei temi argomentativi, dove bisognava esprimere la propria opinione riguardo un argomento generico come l'inquinamento, il razzismo, la scuola, ecc. Spesso le opinioni erano già impostate perché, a causa o grazie alle maestre trascinatrici, noi studenti imparavamo ciò che (secondo i loro insegnamenti) era da considerarsi giusto, oppure sbagliato.
La televisione era un tema abbastanza gettonato, uno di quelli. Per le maestre questa "faceva male". Il perché era essenzialmente dovuto al fatto che fosse diseducativa, inutile, persuasiva.
Ma la televisione è davvero così? E' ora di dire BASTA con questa pagliacciata dell'opinione negativa sulla televisione, questa incredibile speculazione delle maestre no-global finte moraliste che non fa altro che perpetuare il loro bizzarro approccio con la società che ci circonda. Fatta di tecnologia e, per fortuna, anche dai media.
Vorrei ricordare, care maestre, o professori, che ci sono persone e famiglie che mangiano grazie alle aziende televisive.
Prendiamo come esempio le persone che lavorano in Rai o in Mediaset. Non vi sono solo Veline, presentatori, attrici o coreografi, ma anche impiegati, autori, registi, cameramen, avvocati... Queste ultime elencate, a fine mese, portano a casa uno stipendio per poter campare se stessi e le loro famiglie. Pensate se nessuno più guardasse la televisione, non ci fossero più aziende che richiedono spazi pubblicitari nei programmi, nessuno più acquistasse un pacchetto di payTV. L'azienda andrebbe in fallimento. Tutti perderebbero il lavoro e si ritroverebbero senza risorse economiche, che prima invece possedevano.
Dal punto di vista educativo è necessario dire che non tutti i programmi televisivi hanno e vogliono avere un fine educativo; tanto è vero che vi sono trasmissioni atte ad informare, educare e trasmettere messaggi importanti. Altre invece hanno come fine ultimo l'intrattenimento, semplicemente il divertire e alleggerire la mente dello spettatore. Pensate: dopo il telegiornale, fatto di notizie e informazioni su crisi, cronaca, politica, cambiamenti; una bella trasmissione comica che diverte e fa sorridere.
La televisione è bella per questo. Perché è varia. Se la si sa guardare responsabilmente ed educando alla criticità, ci renderemmo tutti conto di quale mezzo meravigliosamente utile disponiamo. La pluralità della TV è importantissima per soddisfare i gusti di tutti.
E' una bugia e falso moralismo dire che è fatta solo di robaccia che non educa.
Concluderei con un assaggio di Renzo Arbore...
Sì, la vita è tutta un quiz,
tante occasioni, tante emozioni,
perché è coi quiz che ci danno i milioni,
EVVIVA LE TELEVISIONI!